Auto senza rete, senza difese? Si e in futuro arriveranno colpi sempre più duri perché le associazioni di categoria sono inermi, le case automobilistiche estere non hanno collegamenti con il Palazzo.. L’ultimo caso del superbollo – che di fatto farà chiudere diverse aziende gettando sul lastrico centinaia di operai e venditori – è emblematico e vale più di mille discorsi: sul settore è arrivata una tassa di enorme portata senza che le associazioni di categoria, le case automobilistiche, qualche presidente di qualche marca dicesse o facesse qualcosa (le flebili dichiarazioni di protesta non valgono…).
Per capire il discorso basta guardare cosa è successo con le farmacie o i taxi: una potente rivolta di categoria ha di fatto respinto al mittente il tentativo di liberalizzare il settore. Non vogliamo entrare nel merito della questione ma sui metodi. E, soprattutto, sul fatto che queste due ultime categorie sono ben rappresentate, hanno una grande forza di espressione e, di conseguenza, “peso politico”. Bene. Secondo gli analisti il rapporto economico in Italia fra farmacisti-tassisti e gli addetti al mondo dell’auto è di uno a diecimila. Parliamo di un settore che dà lavoro direttamente a 1.200.000 persone, che contribuisce al gettito fiscale nella misura del 16,6%, che vale l’11,4% del Pil. Un settore però che non trova la forza di essere in qualche modo rappresentato. E che quindi incassa senza reagire colpi micidiali: fra il 1990 e il 2010, la spesa degli italiani per l’acquisto di carburanti è cresciuta del 96,3%, così come la spesa per l’assicurazione RCAuto è aumentata, nello stesso periodo del 149,1%, rispetto ad un andamento dei prezzi al consumo in crescita del 72%. E considerando anche il superbollo, l’IPT e l’IVA la maggiore spesa fiscale per gli automobilisti sarà di 1,2 miliardi nel 2011 e di 2,4 miliardi nel 2012.
Insomma, siamo difronte a una situazione senza controllo, che potrebbe portare in futuro a nuove e incredibili tasse sul mondo dell’auto, aggiungendo ulteriore incertezza ad un settore già piegato: se dall’oggi al domani è arrivata una tassa come il superbollo, l’aumento della benzina o quello dell’IPT è chiaro che in futuro non potranno che esserci manovre simili. Manovre che colpiscono le fasce più deboli degli automobilisti non certo quelle più ricche.
Ma perché le associazioni di categoria e le case automobilistiche dormono? Perché nessuno protesta? I motivi sono storici in un certo senso: “auto” in Italia per tanti anni significava solo “Fiat”, un’azienda potente che ha difeso con forza il settore per anni. Fino a quando, sull’orlo della bancarotta, il colosso torinese ha lasciato le redini a Marchionne che ha iniziato ad occuparsi di altro, del rilancio internazionale, di grandi intese, del salvataggio dell’azienda. Abbandonando quindi i rapporti con il Palazzo per occuparsi di cose più importanti: non vogliamo dare giudizi su un tema che scatena infinite polemiche ma se si arriva ad avere il presidente degli Stati Uniti che ringrazia pubblicamente Marchionne per aver “salvato l’industria automobilistica nazionale” e chiaro che le prospettive cambiano… Ed è chiaro che le varie marche estere, i dealer, le officine, il mondo della componentistica che sono in Italia non hanno più aiuti con il Governo italiano perché “mamma Fiat” è concentrata su temi internazionali più vasti. Toccherebbe a loro ora difendere l’auto. Ma non l’hanno mai fatto e – da quello che vediamo – non sanno nemmeno come si fa…