Se la vendita andasse in porto l’Italia sarebbe il primo Paese straniero - dopo la Gran Bretagna - ad usufruire della tecnologia americana L’amministrazione Obama intende vendere all’Italia missili e bombe a guida laser per armare fino a sei droni Reaper. È quanto scrive oggi il Wall Street Journal, rivelando che l’amministrazione Usa ha inviato lo scorso aprile una prima notifica alle commissioni del Congresso interessate dettagliando il piano che farebbe dell’Italia il secondo alleato Nato, dopo la Gran Bretagna, a disporre di droni di produzione americana armati.
L’amministrazione ha quindi dato al Congresso 40 giorni di tempo, un periodo di tempo più lungo del solito, per prendere in considerazione la proposta di vendita. Un periodo che è scaduto lo scorso 27 maggio senza che siano state sollevate obiezioni, secondo quanto hanno riportato fonti del Congresso, aprendo quindi la strada alla vendita con la notifica ufficiale del Congresso che potrebbe arrivare già questa settimana. Dal Pentagono si sottolinea che non vi saranno dichiarazioni riguardo alla vendita di armi a paesi stranieri fino a quando non vi sarà appunto questa notifica ufficiale. «L’Italia è un forte partner e alleato Nato che contribuisce in modo significativo alle operazioni degli Stati Uniti e della Nato- ha poi aggiunto la portavoce Wendy Snyder - il trasferimento di materiale militare all’Italia, tra gli altri alleati, la mette in grado di sostenere e partecipare alle operazioni che proteggono non solo le truppe italiane ma anche quelle degli Stati Uniti e di altri partner della coalizione». Secondo fonti di Washington, i droni armati italiani sarebbero infatti utilizzati in Afghanistan.Nonostante non siano state sollevate obiezioni formali, la proposta di vendita non è stata accolta con favore da alcuni membri del Congresso che sottolineano come la scelta di armare la flotta di droni a disposizione dell’Italia, attualmente destinati solo alla ricognizione, possa rendere più difficile in futuro a Washington negare questa possibilità ad altri alleati Nato. «La tecnologia americana all’avanguardia non dovrebbe essere condivisa, questa è la mia opinione - ha affermato Dianne Feinstein, senatrice democratica che guida la commissione Intelligence - sono preoccupata dalla proliferazione di questi sistemi d’armi e non credo che dobbiamo venderli». Sul fronte opposto i sostenitori della vendita sottolineano non solo il fatto che in questo modo si rafforza la capacità degli alleati di condurre le operazioni militari in proprio, mentre si allarga il mercato per le industrie americane del settore, che - secondo alcune stime - arriverà ad un giro di affari mondiale di 5,8 miliardi di dollari nel 2017 contro i previsti 4,3 miliardi del prossimo anno. Da parte sua la Casa Bianca, che ovviamente non rilascia alcun commento su questo piano di vendita, ha più volte sottolineato la preoccupazione riguardo alla diffusione delle tecnologie militari che rendono possibile l’utilizzo degli aerei senza pilota, diventati ormai sempre più i protagonisti della strategia militare Usa. Ma, come ha fatto recentemente John Brennan, consigliere per l’anti-terrorismo del presidente Obama, sottolineano come il rischio che queste giungano nelle mani di «nazioni che non condividano il nostro interesse e attenzione nel proteggere la vita umana, in particolare i civili». Brennan non ha fatto riferimento a nessun paese, ma fonti americane sottolineano che Russia e Cina potranno presto far volare propri droni, armi che portebbe usare contro i propri movimenti separatisti interni. Già lo scorso anno, l’amministrazione aveva sondato il terreno al Congresso - che ha già bloccato l’ipotesi di vendita di droni armati alla Turchia - sul piano di vendita all’Italia, ma poi aveva bloccato tutto dopo aver incontro alcune obiezioni. Il piano prevede che sarà necessario almeno un anno per l’upgrade dei Reaper italiani e l’addestramento all’uso del sistema d’arma.
L’amministrazione ha quindi dato al Congresso 40 giorni di tempo, un periodo di tempo più lungo del solito, per prendere in considerazione la proposta di vendita. Un periodo che è scaduto lo scorso 27 maggio senza che siano state sollevate obiezioni, secondo quanto hanno riportato fonti del Congresso, aprendo quindi la strada alla vendita con la notifica ufficiale del Congresso che potrebbe arrivare già questa settimana. Dal Pentagono si sottolinea che non vi saranno dichiarazioni riguardo alla vendita di armi a paesi stranieri fino a quando non vi sarà appunto questa notifica ufficiale. «L’Italia è un forte partner e alleato Nato che contribuisce in modo significativo alle operazioni degli Stati Uniti e della Nato- ha poi aggiunto la portavoce Wendy Snyder - il trasferimento di materiale militare all’Italia, tra gli altri alleati, la mette in grado di sostenere e partecipare alle operazioni che proteggono non solo le truppe italiane ma anche quelle degli Stati Uniti e di altri partner della coalizione». Secondo fonti di Washington, i droni armati italiani sarebbero infatti utilizzati in Afghanistan.Nonostante non siano state sollevate obiezioni formali, la proposta di vendita non è stata accolta con favore da alcuni membri del Congresso che sottolineano come la scelta di armare la flotta di droni a disposizione dell’Italia, attualmente destinati solo alla ricognizione, possa rendere più difficile in futuro a Washington negare questa possibilità ad altri alleati Nato. «La tecnologia americana all’avanguardia non dovrebbe essere condivisa, questa è la mia opinione - ha affermato Dianne Feinstein, senatrice democratica che guida la commissione Intelligence - sono preoccupata dalla proliferazione di questi sistemi d’armi e non credo che dobbiamo venderli». Sul fronte opposto i sostenitori della vendita sottolineano non solo il fatto che in questo modo si rafforza la capacità degli alleati di condurre le operazioni militari in proprio, mentre si allarga il mercato per le industrie americane del settore, che - secondo alcune stime - arriverà ad un giro di affari mondiale di 5,8 miliardi di dollari nel 2017 contro i previsti 4,3 miliardi del prossimo anno. Da parte sua la Casa Bianca, che ovviamente non rilascia alcun commento su questo piano di vendita, ha più volte sottolineato la preoccupazione riguardo alla diffusione delle tecnologie militari che rendono possibile l’utilizzo degli aerei senza pilota, diventati ormai sempre più i protagonisti della strategia militare Usa. Ma, come ha fatto recentemente John Brennan, consigliere per l’anti-terrorismo del presidente Obama, sottolineano come il rischio che queste giungano nelle mani di «nazioni che non condividano il nostro interesse e attenzione nel proteggere la vita umana, in particolare i civili». Brennan non ha fatto riferimento a nessun paese, ma fonti americane sottolineano che Russia e Cina potranno presto far volare propri droni, armi che portebbe usare contro i propri movimenti separatisti interni. Già lo scorso anno, l’amministrazione aveva sondato il terreno al Congresso - che ha già bloccato l’ipotesi di vendita di droni armati alla Turchia - sul piano di vendita all’Italia, ma poi aveva bloccato tutto dopo aver incontro alcune obiezioni. Il piano prevede che sarà necessario almeno un anno per l’upgrade dei Reaper italiani e l’addestramento all’uso del sistema d’arma.