Nsa: "Google, Microsoft e Yahoo! sapevano tutto di Prism": il capo dell’ufficio legale accusa i giganti del web
Dopo mesi di smentite e pressioni da parte della Casa Bianca, l'agenzia di sicurezza statunitense punta il dito verso i "big" che si smarcano dallo scandalo sollevato da Edward Snowden: "La raccolta dei dati è avvenuta con piena consI COLOSSI del Web sapevano tutto. Erano al corrente dell'esistenza del programma di sorveglianza digitale Prism, il primo a essere rivelato dall'ex informatico Edward Snowden all'opinione pubblica mondiale lo scorso giugno. L'unica cosa che ignoravano era il nome con cui il sistema era stato battezzato. Dopo mesi di smentite, poi diventate mezze ammissioni, ma soprattutto di reazioni stizzite alla violazione della privacy dei propri utenti, sono proprio Google, Microsoft, Yahoo! e gli altri giganti di internet a finire nell'angolo. A metterli sotto accusa, inchiodandoli al contraddittorio atteggiamento assunto nell'ultimo anno, è stato niente meno che il capo dell'ufficio legale dell'Nsa, Rajesh De, nel corso di un'audizione alla Privacy and Civil Liberties Oversight Board, un'agenzia indipendente del governo istituita nel 2004 che già a fine gennaio si era espressa in maniera piuttosto critica, considerando che per quanto autorità di supervisione è parte dell'esecutivo Usa, sui programmi dell'agenzia di Fort Meade.
"Prism era un termine interno agli ambienti di governo che, dopo le rivelazioni, è divenuto di pubblico dominio – ha detto De secondo quanto riportato dal britannico Guardian – la raccolta dei dati sotto questo programma è avvenuta a seguito di un processo legale obbligatorio che ogni destinatario avrebbe dovuto ricevere". De allude alla famigerata Section 702 del Foreign Intelligence Surveillance Act, approvata nel 2008 per coprire retroattivamente le attività post-11 settembre dell'Nsa. Un capitolo dell'atto normativo largamente abusato nel corso degli anni.
Il punto, però, è un altro: anche se non sapeva nel dettaglio di cosa si parlava, ogni gruppo hi tech ha ricevuto delle regolari richieste per frugare dentro e-mail, profili personali, documenti, servizi online. Dunque sapeva che qualcosa bolliva in pentola. Anzi, molto di più. Il legale più alto in grado dell'agenzia si è oltretutto limitato a una significativa risposta affermativa quando dalla Pclob gli è stato chiesto se la raccolta dell'Nsa fosse avvenuta "con piena consapevolezza e assistenza da ciascuna compagnia". Risposta inequivocabile che ricorda ai colossi le loro responsabilità. È vero: in questo mesi c'è stato chi ha rivelato in tutto o in parte l'entità delle richieste arrivate dall'agenzia di sicurezza. Ma l'audizione di Rajesh De cambia decisamente le carte in tavola, raccontando – con una chiarezza mai così profonda prima d'ora – della strettissima cooperazione nelle operazioni spionistiche. Le accuse di De, non smentite dall'agenzia, sono ancora più importanti perché arrivano a breve distanza dalle ultime
dichiarazioni di Snowden al Ted2014 di Vancouver, in Canada, martedì scorso: "I dati provengono direttamente dai server delle compagnie – ha detto l'ex contractor rifugiato in Russia – ma questo non significa che ci sia un gruppo di rappresentanti dell'azienda chiuso in una stanza fumosa che tratta con l'Nsa concedendo accessi per filtrate informazioni". Tuttavia, ha aggiunto, "quando parliamo di queste informazioni e di come sono concesse, bisogna dire che sono fornite dalle compagnie stesse, non sono rubate".
In effetti il mistero su Prism, pietra dello scandalo del Datagate, rimane piuttosto fitto. Google & co concedevano accesso diretto? Sembra di no. Concordavano invece una sorta di raccolta indiretta, magari tramite meccanismi di memorizzazione a cui l'agenzia avrebbe avuto accesso, tramite richieste legali e, nome a parte, nel complesso note ai gruppi? Appare la strada più verosimile, in linea d'altronde – dopo le iniziali e durissime prese di distanza che a pochi mesi di distanza appaiono imbarazzanti – con quanto ammesso da Google, che aveva parlato di un server Ftp sicuro e tuttavia anche di accessi manuali. Idem per Microsoft, che avrebbe addirittura approntato un portale a disposizione delle autorità battezzato Confidential. Meno chiarezza invece da parte di Facebook, che non ha mai specificato le dinamiche del proprio rapporto con l'Nsa.
Insomma, un punto di svolta a neanche un anno dall'inizio delle rivelazioni. Arriva dopo mesi di forsennate operazioni di comunicazione e pubbliche relazioni, da parte dei colossi, per ripulire la propria immagine di fronte alle centinaia di milioni di utenti potenzialmente colpiti dall'Nsa tentando di negare ogni coinvolgimento. Salvo poi, con un complicato cambio di rotta, rivolgersi con sempre maggiore insistenza al presidente Barack Obama – che intanto sembra aver mollato la presa sull'Icann – per poter essere autorizzati a svelare con completezza volume e tipo delle richieste del governo. L'ultimo ad alzare la voce è stato proprio Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, che ha telefonato alla Casa Bianca. A tanto disappunto, tuttavia, non ha fatto seguito alcun commento ufficiale alle dichiarazioni del capo dell'ufficio legale dell'Nsa.
"Precedentemente alla pubblicazione della questione sui media - hanno fatto sapere dal quartier generale del social network - non abbiamo mai sentito parlare di Prismo o di qualsiasi altro programma in cui aziende internet, volontariamente o indirettamente, fornivano al Governo l'accesso diretto ai server o facilitavamo in qualche modo il recupero dei dati degli utenti. Al tempo stesso, siamo sempre stati consapevoli degli obblighi sottoscritti ai sensi del Fisa, oggetto dell'audizione presso il Privacy and Civil Liberties Oversight Board, e combattiamo da sempre per avere una maggiore trasparenza in merito alle richieste governative statunitensi che, sulla base di questa legge, riceviamo. E quindi l'accusa a Facebook di ingannare gli utenti è falsa e scoraggiante".apevolezza e assistenza da parte delle compagnie"
"Prism era un termine interno agli ambienti di governo che, dopo le rivelazioni, è divenuto di pubblico dominio – ha detto De secondo quanto riportato dal britannico Guardian – la raccolta dei dati sotto questo programma è avvenuta a seguito di un processo legale obbligatorio che ogni destinatario avrebbe dovuto ricevere". De allude alla famigerata Section 702 del Foreign Intelligence Surveillance Act, approvata nel 2008 per coprire retroattivamente le attività post-11 settembre dell'Nsa. Un capitolo dell'atto normativo largamente abusato nel corso degli anni.
Il punto, però, è un altro: anche se non sapeva nel dettaglio di cosa si parlava, ogni gruppo hi tech ha ricevuto delle regolari richieste per frugare dentro e-mail, profili personali, documenti, servizi online. Dunque sapeva che qualcosa bolliva in pentola. Anzi, molto di più. Il legale più alto in grado dell'agenzia si è oltretutto limitato a una significativa risposta affermativa quando dalla Pclob gli è stato chiesto se la raccolta dell'Nsa fosse avvenuta "con piena consapevolezza e assistenza da ciascuna compagnia". Risposta inequivocabile che ricorda ai colossi le loro responsabilità. È vero: in questo mesi c'è stato chi ha rivelato in tutto o in parte l'entità delle richieste arrivate dall'agenzia di sicurezza. Ma l'audizione di Rajesh De cambia decisamente le carte in tavola, raccontando – con una chiarezza mai così profonda prima d'ora – della strettissima cooperazione nelle operazioni spionistiche. Le accuse di De, non smentite dall'agenzia, sono ancora più importanti perché arrivano a breve distanza dalle ultime
dichiarazioni di Snowden al Ted2014 di Vancouver, in Canada, martedì scorso: "I dati provengono direttamente dai server delle compagnie – ha detto l'ex contractor rifugiato in Russia – ma questo non significa che ci sia un gruppo di rappresentanti dell'azienda chiuso in una stanza fumosa che tratta con l'Nsa concedendo accessi per filtrate informazioni". Tuttavia, ha aggiunto, "quando parliamo di queste informazioni e di come sono concesse, bisogna dire che sono fornite dalle compagnie stesse, non sono rubate".
In effetti il mistero su Prism, pietra dello scandalo del Datagate, rimane piuttosto fitto. Google & co concedevano accesso diretto? Sembra di no. Concordavano invece una sorta di raccolta indiretta, magari tramite meccanismi di memorizzazione a cui l'agenzia avrebbe avuto accesso, tramite richieste legali e, nome a parte, nel complesso note ai gruppi? Appare la strada più verosimile, in linea d'altronde – dopo le iniziali e durissime prese di distanza che a pochi mesi di distanza appaiono imbarazzanti – con quanto ammesso da Google, che aveva parlato di un server Ftp sicuro e tuttavia anche di accessi manuali. Idem per Microsoft, che avrebbe addirittura approntato un portale a disposizione delle autorità battezzato Confidential. Meno chiarezza invece da parte di Facebook, che non ha mai specificato le dinamiche del proprio rapporto con l'Nsa.
Insomma, un punto di svolta a neanche un anno dall'inizio delle rivelazioni. Arriva dopo mesi di forsennate operazioni di comunicazione e pubbliche relazioni, da parte dei colossi, per ripulire la propria immagine di fronte alle centinaia di milioni di utenti potenzialmente colpiti dall'Nsa tentando di negare ogni coinvolgimento. Salvo poi, con un complicato cambio di rotta, rivolgersi con sempre maggiore insistenza al presidente Barack Obama – che intanto sembra aver mollato la presa sull'Icann – per poter essere autorizzati a svelare con completezza volume e tipo delle richieste del governo. L'ultimo ad alzare la voce è stato proprio Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, che ha telefonato alla Casa Bianca. A tanto disappunto, tuttavia, non ha fatto seguito alcun commento ufficiale alle dichiarazioni del capo dell'ufficio legale dell'Nsa.
"Precedentemente alla pubblicazione della questione sui media - hanno fatto sapere dal quartier generale del social network - non abbiamo mai sentito parlare di Prismo o di qualsiasi altro programma in cui aziende internet, volontariamente o indirettamente, fornivano al Governo l'accesso diretto ai server o facilitavamo in qualche modo il recupero dei dati degli utenti. Al tempo stesso, siamo sempre stati consapevoli degli obblighi sottoscritti ai sensi del Fisa, oggetto dell'audizione presso il Privacy and Civil Liberties Oversight Board, e combattiamo da sempre per avere una maggiore trasparenza in merito alle richieste governative statunitensi che, sulla base di questa legge, riceviamo. E quindi l'accusa a Facebook di ingannare gli utenti è falsa e scoraggiante".apevolezza e assistenza da parte delle compagnie"
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