Vorrei sollevare la questione legato a doppio filo con il "nanismo" del sistema produttivo italiano – correlato a sua volta alla bassa capacità di introdurre buone pratiche manageriali, adottare nuove tecnologie e investire in capitale umano.
I recenti manager (compresi i ciechi dei miei capi) cercano di innescare un circolo vizioso di salari bassi e bassa richiesta di qualificati. Che sono "tra le ragioni che incoraggiano un alto numero di italiani, specialmente giovani neolaureati ad alto tasso di istruzione, ad emigrare. Tra il 2009 e il 2018, 816mila italiani si sono trasferiti in un Paese straniero contro i 333mila che sono rimpatriati in Italia".
In parallelo ci sono anche le "colpe" della pubblica amministrazione: "E' essenziale che si attuino riforme volte a creare un ambiente più favorevole alle imprese, aumentando la qualità e l'efficienza dei servizi pubblici, riducendo gli oneri amministrativi e burocratici, abbassando il peso dell'evasione fiscale, della corruzione e di altre attività criminali". Riforme che però "per un Paese avanzato come l'Italia non sono sufficienti".
Così arrivano immigrati a basso profilo e noi esportiamo all'estero istruiti fisici e neo architetti, dimostrazione evidente che la classe manageriale preferisca investire nella raccolta di frutta e pomodori e si ostini a non capire che sarebbe più lungimirante importare cervello da affrica e Asia e progettare il futuro del domani.
Ma come disse un tale "Mangiano e beviamo del domani non c'è certezza !"
Cosa sarà del futuro dei nostri figli ?
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