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Russia, da fede perseguitata a religione di Stato: così la chiesa ortodossa è diventata putiniana ma é fede oppure politica ?



La sua è una storia dai due volti: perseguitata dal potere in era comunista, diventata prima serva e complice, poi addirittura l'ideologia portante di Vladimir Putin.


LONDRA – Una religione guidata da un leader miliardario, che benedice l'invasione in Ucraina e litiga con papa Francesco: la Chiesa russo-ortodossa suscita sdegno e perfino incredulità, sembra una setta corrotta e disonesta anziché una grande fede cristiana. La sua è una storia dai due volti: ferocemente perseguitata dal potere in era comunista, ne è diventata prima serva e complice, poi addirittura l'ideologia portante di Vladimir Putin. Ecco i capitoli più significativi.

La Rus di Kiev

La cristianizzazione della Russia comincia nel 998 dopo Cristo, a Kiev, allora capitale, quando il principe Vladimir si fa battezzare dai sacerdoti della Chiesa ortodossa orientale. In verità è una scelta dettata da valori non soltanto spirituali: indeciso sulla religione da adottare, il principe riceve a corte i rappresentanti di tutte le fedi. Al delegato dell'Islam, che gli espone tra gli obblighi quello di rinunciare agli alcolici, risponde: "Bere è la gioia dei russi, non possiamo vivere senza". Sottinteso: senza la vodka.


La cattedrale di Ivan il Terribile

Ivan IV di Russia (il suo regno dura dal 1547 al 1584) fa costruire sulla Piazza Rossa di Mosca, davanti al Cremlino, una chiesa che dovrà essere la più bella di tutto il paese, anzi del mondo: è la cattedrale di San Basilio, inaugurata nel 1561, le cui cupole colorate e attorcigliate sono un miracolo di architettura e misticismo. All'inizio è l'edificio più alto della capitale. Quando l'architetto mostra la chiesa completata allo zar, Ivan approva compiaciuto, quindi ordina: "Accecatelo, affinché non costruisca mai più niente di altrettanto bello". Non per nulla lo chiamavano il Terribile.

Lo scetticismo di Pietro il Grande

Sotto il regno di Pietro (1682-1725), la Chiesa russo ortodossa non gode di grande credito: interessato a modernizzare ed europeizzare l'impero, lo zar non è credente e mette il clero sotto stretto controllo governativo. La maggior parte dei preti sono a loro volta figli di preti: è una classe poco istruita e mal pagata. Politicamente, la Chiesa è priva di poteri. Una situazione che continua per tutto il diciottesimo secolo anche sotto l'imperatrice Caterina la Grande.

Le croci contro Napoleone

Una svolta avviene con l'invasione della Russia: la campagna militare lanciata da Napoleone nel 1812, che arriva fino a conquistare Mosca, abbandonata e date alle fiamme dai russi, ma è poi costretto a una disastrosa ritirata che segna l'inizio della fine della sua era. Oltre al cosiddetto "generale Inverno", ovvero al gelo a cui i soldati francesi non sono abituati, un'arma nelle mani dell'esercito russo è proprio la fede: con il sostegno dello zar Alessandro II, un fervore religioso esorta truppe regolari, formazioni partigiane e popolazione civile alla resistenza. Come racconterà più tardi Tolstoj in "Guerra e pace", descrivendo il generale Kutuzov, comandante in capo delle forze russe, che si inginocchia e si fa il segno di croce davanti all'esercito di Bonaparte in fuga.

L'espansione

Il revival religioso innescato dalla vittoria su Napoleone porta la Chiesa a crescere, consolidarsi e aumentare la sua influenza sulla società russa. Come rivelano le cifre: nel 1914, alla vigilia della Rivoluzione bolscevica, in Russia ci sono 55173 chiese, 29593 cappelle, 550 monasteri, 475 conventi, 112629 preti e diaconi, 95259 monaci e suore. Le cupole a cipolla delle chiese russe risplendono nelle campagne innevate da un capo all'altro del più grande impero della terra.

Il crollo

L'arrivo al potere di Lenin cambia tutto. Nel 1918 la Chiesa viene separata dallo stato e privata di tutte le sue proprietà. Nella guerra civile tra rossi e bianchi subito dopo, i bolscevichi hanno l'impressione che i pope ortodossi siano schierato con i loro avversari: vengono giustiziati 28 vescovi e 1200 sacerdoti. Le cose peggiorano quando al posto di Lenin arriva Stalin. Le chiese vengono requisite per altri usi, saccheggiate, demolite. Tra il 1917 e il 1935 vengono arrestati 130 mila preti con l'accusa di antisovietismo, 90 mila dei quali moriranno nei campi di concentramento del Gulag.

La Seconda guerra mondiale

Ma Stalin, come già lo zar Alessandro contro Napoleone, usa i pope e la fede per incoraggiare il popolo a resistere quando Hitler invade l'Urss, arrivando anche lui fino alle porte di Mosca, poi costretto anche lui a una disastrosa ritirata. E' un breve intermezzo, però: le persecuzioni proseguono sotto Krusciov. Già dimezzato da Stalin, il numero delle chiese scende da 22 mila nel 1959 a 8 mila nel 1965, i monasteri attivi sono soltanto una ventina. Un declino che non si esaurisce nemmeno sotto Breznev: nel 1985 restano aperte soltanto 6893 chiese e 18 monasteri. Ciononostante, il 40-50 per cento dei neonati vengono segretamente battezzati: la fede è rimasta come tradizione popolare, anche se non viene praticata in pubblico. Uno dei bambini fatti battezzare di nascosto, dalla propria nonna, in un villaggio del sud della Russia, si chiama Mikhail Gorbaciov.

La perestrojka

Tra le riforme introdotte da Gorbaciov quando diventa Segretario Generale del Pcus nel 1985 c'è la libertà di culto. Un momento cruciale è il 1988, millesimo anniversario della scelta ortodossa del principe Vladimir nella Rus' di Kiev. Chiese e monasteri riaprono. Cade il bando alla propaganda religiosa. Per la prima volta una messa viene trasmessa alla tivù sovietica. Ma contemporaneamente, come rivelerà in seguito il prete e dissidente Gleb Yakunin, i vertici del Patriarcato russo ortodosso vengono avvicinati e infiltrati dal Kgb. "Non un solo candidato a vescovo o membro del Sinodo ortodosso viene approvato senza la conferma del Comitato Centrale del Pcus o del Kgb". Yakunin afferma addirittura che il Patriarcato diventa "una compagnia sussidiaria del Kgb".

La Russia post-sovietica

Nel 1990 Alessio II viene eletto Patriarca della Chiesa russo ortodossa, un incarico che manterrà per un ventennio, fino al 2008, durante il passaggio dall'Urss di Gorbaciov alla Russia di Boris Eltsin. La corruzione della fragile democrazia post-sovietica corrode anche i leader religiosi, che diventano sempre più ricchi. Sui vizi privati di Alessio II girano tante voci, dalle sue amanti alla sua passione per il lusso sfrenato. Certo, nel frattempo le chiese si moltiplicano: sotto il suo successore Kirill ci sono 34 mila parrocchie, 926 monasteri e 40 mila preti. È Eltsin a ordinare la ricostruzione della enorme cattedrale di Cristo Salvatore, bombardata dopo la rivoluzione e trasformata a lungo in un bagno turco. Di colpo, tutti i leader politici si fanno il segno della croce e a Natale e Pasqua le celebrazioni religiose sono una ricorrenza nazionale trasmessa in diretta dalla tivù.

La religione putiniana

Ma è con Putin che la Chiesa russo ortodossa si trasforma da fede in religione di stato e nell'ideologia nazional-patriottica che meglio serve gli interessi del capo del Cremlino. Caduto il comunismo, la gente non sa più in cosa credere, il materialismo capitalista non basta e il presidente russo trova nel Patriarca Kirill un fedele alleato per usare la cristianità come base per la sua visione di una Santa Madre Russia, lungamente frustrata e oppressa dall'Occidente, che ora deve difendersi e salvare il mondo. In combutta con l'Fsb, il servizio segreto erede del Kgb, e agli ordini di un ex-agente del Kgb come Putin, Kirill dà la sua approvazione all'invasione dell'Ucraina, come se fosse una guerra santa per salvare Mosca, la Terza Roma della fede, dal paganesimo occidentale. E intanto, come Putin, diventa miliardario con gli affari gestiti dal Patriarcato, a cominciare dal tabacco. Come Gorbaciov, anche Putin era stato battezzato in segreto alla nascita. Ma oggi è in prima fila alla funzioni religiose, con un cero acceso in mano: il vero Patriarca ormai è lui.



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